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…Bum!

Le vacanze per il capodanno cinese sono appena finite e Hong Kong finalmente ritorna alla sua normalissima quotidianità.

Già, perché se durante tutto l’arco dell’anno la Cina è ovunque un brulicare di negozi e DSC_0578 copiamercati aperti ad ogni ora del giorno e della notte (se hai bisogno, puoi andare dal meccanico anche alle 10 di domenica sera!), durante la Festa della Primavera la “terra di mezzo” si trasforma  in un luogo strano, un luogo dove i negozi sono CHIUSI!!

E allora succede che la mattina della festa ti svegli ed è come se, durante la notte, avessi fatto un viaggio nel tempo e fossi stato catapultato 30 anni più avanti: con la bocca aperta e gli occhi sgranati Immagineti guardi in giro e ti rendi conto che nulla esiste di ciò che c’era un tempo. Tutto chiuso, tutto muto. E a girare per le strade ti sembra di vivere in una città fantasma, popolata da pochi pallidi passanti e da serrande rigorosamente calate. Su ognuna di esse troneggia un piccolo cartello rettangolare, quasi sempre in carta rossa decorata, che, in bella grafia, segnala agli sfortunati avventori la data di riapertura dopo una sfilza infinita di auguri per il nuovo anno. A questa catastrofe commerciale si oppongono i “7eleven” (ma quelli, si sa, saranno aperti anche nel 2134 con cyborg al posto dei commessi) e alcuni timidi ristoratori che, spinti da una sorta di dovere civico della serie “qualcuno dovrà pur far da mangiare a questi poveri ed affamati stranieri-turisti-o-cinesi-senza-famiglia-numerosa-con-tavola-imbandita-a-festa”, tengono aperto aumentando i prezzi del 10%… Del resto, quando si ha fame e in dispensa è rimasto solo un barattolo di minestrone in scatola, si paga volentieri di più.

E si ringrazia anche.

Il Capodanno Cinese ad Hong Kong è stata un’esperienza davvero strana. Ricordando  quelli passati nella “mainland” (ovvero nella Cina continentale, così chiamata da questi isolani che, fondamentalmente, si sentono “diversi” – e forse migliori – rispetto ai connazionali della terra ferma) dove, più che in un paese in festa, sembrava di vivere sotto i bombardamenti dell’armata giapponese, qui i giorni dello Spring Festival sono passati avvolti da un inverosimile silenzio. Nessun petardo, botto, bengala o tricchi-tracchi è stato esploso per scuotere l’aria, far sussultare gli animi e per dimostrare che, sì, l’isola è in festa!! Peritose manifestazioni di giubilo si sono avute, qua e là, intorno ai gruppi di artisti che hanno portato per le strade la suggestiva “lion dance”, un’esibizione tradizionale dove un leone, animato da due uomini infilati sotto un costume dalle gialle e feline sembianze, si aggira tra la gente danzando sul ritmo scandito da tamburi di legno. 2014-02-01 20.12.32 copiaMa il silenzio  assordante dell’isola è stato rotto sul serio solo dai famosissimi fireworks, i fuochi pirotecnici che, la sera del primo febbraio, hanno illuminato l’harbour di Hong Kong nel lembo di mare che collega Central a Kowloon. E su un palcoscenico che ha come sceneggiatura privilegiata uno degli skylines più affascinanti del pianeta, ecco che la città si è vestita a festa e, per 23 lunghissimi minuti…Bum! Tutti erano con naso e cellulare puntati al cielo – me compresa – per ammirare ed immortalare le mirabilie della polvere pirica, la quale deve la sua invenzione proprio ad alcuni alchimisti cinesi attivi tra l’VIII e il IX secolo.

Vista così, devo dire che, come per la maggior parte delle feste, anche qui i preparativi per il capodanno sono stati più belli del capodanno stesso. La settimana prima della festa, l’isola era in pieno fermento: tutti correvano avanti e indietro comprando fiori (crisantemi e gladioli soprattutto) e decori di carta rossa intagliata o dipinta per addobbare le case, i supermercati erano presi letteralmente d’assalto da massaie impazzite a caccia di pacchi di riso formato famiglia (8 kg l’uno…!) o confezioni di butter cookies (blè!) da regalare a parenti ed amici e, infine, ogni androne, negozio, centro commerciale, viale, Immagineparco e parchetto si è riempito magicamente di arbusti di mandarini, vasi di fiori e stendardi triangolari rossi e dorati.

Tirando le somme, queste feste vissute ad Hong Kong sono apparse ai miei occhi più sobrie, più misurate e forse, perché no, un po’ meno veraci di quelle che piacciono a me e alle quali sono stata abituata, a Napoli prima e nella Cina continentale poi… Insomma:

Cina che vai, capodanno che trovi.